Fano Città di Vitruvio

Da antica Fanum Fortunae, a colonia Augustea, a Signoria dei Malatesti, Fano è una città che ha conosciuto molte epoche e in cui le varie stratificazioni storiche si sovrappongono e convivono armonicamente tra loro. Un viaggio nel tempo sulla scia della lezione di Vitruvio.

Fano è una città dalla lunga storia. 
Legata indissolubilmente all’architetto romano Vitruvio, che di Fano fu forse anche cittadino e che nel suo celebre De Architectura cita come unico edificio da lui realizzato la Basilica di Fano, la città fonda la sua identità culturale su un susseguirsi ininterrotto di epoche.

Con i suoi molteplici influssi e la sua capacità di includere la memoria, la storia e la modernità, Fano rappresenta l'idea che il passato e il presente possono coesistere nello stesso luogo, che ogni epoca lascia la sua impronta e che queste possono convivere armonicamente tra loro creando un'identità unica e complessa. 
Citando Calvino si potrebbe dire che entrando a Fano "il viaggiatore vede non una città ma molte, di uguale grandezza e non dissimili tra loro". 
L’eredità romana, infatti, pervade l’essenza di Fano, ma altrettanto evidenti sono i lasciti dell’epoca medievale, rinascimentale e barocca, quasi che il canone Vitruviano di proporzione armonica tra gli elementi, si traduca qui nel giusto rapporto tra le tracce della Storia, in un dialogo equilibrato e continuo di rapporti e rimandi giunti intatti fino a noi. 

Seppure pressoché invisibile, la presenza di Vitruvio si respira ovunque.

Non solo nell’indomita ricerca delle sue tracce nel tessuto urbano della città, ma anche e soprattutto nella fierezza con cui i fanesi portano avanti il suo messaggio straordinariamente moderno.

Visitare Fano oggi significa dunque attraversare una città contemporanea, vivace e proiettata verso il futuro e, allo stesso tempo, compiere un viaggio lungo più di 2000 anni le cui tracce e la cui memoria sopravvivono orgogliosamente nell’anima della città. 

FANO, LA FORTUNA DI UN NOME

Se è vero come dicevano i latini che in nomen omen, allora è certo che Fano ha iscritto nel suo antico nome anche il suo destino. Fanum Fortunae era in epoca romana un importante centro sacro dedicato al culto della dea Fortuna intorno al quale nacque il primo nucleo abitato e di cui la città ancora porta il nome: un destino che l’ha accompagnata nei secoli e che non smette di sorprendere.

DA FANUM FORTUNAE…

L'importanza della città di Fano fu legata sin dall'epoca romana alle vie di comunicazione essendo lo sbocco sul Mare Adriatico della consolare Via Flaminia che giungeva fino a Rimini. Il generale Asdrubale, varcate le Alpi con gli elefanti intendeva ricongiungersi al fratello Annibale, ma venne ucciso dalle legioni romane che sbaragliarono l’esercito cartaginese lungo le sponde del fiume Metauro, vicino a Fano, nel 207 a.C. È probabile che già in quell’epoca esistesse un Tempio della Fortuna dedicato alla dea Fortuna, un’antica divinità italica, dea del caso e del destino cui sarebbe collegato il nome della città: Fanum Fortunae. All’inizio non più di un conciliabulum là dove la consolare Flaminia, ormai prossima al mare, volgeva a nord in direzione di Rimini, si sarebbe poi sviluppato nel primo nucleo abitato. L’antico nome della città, Fanum Fortunae, viene menzionato per la prima volta da Giulio Cesare accanto a quelli di Pesaro e Ancona, tutti centri che egli occupò immediatamente dopo aver oltrepassato il Rubicone, presso Rimini, nel 49 a.C. 

E sempre la fortuna ha voluto che, nel 2021, nell’area dell’ex Filanda di Bosone, dove si trovano i resti del Teatro Romano, sembrerebbe essere stata individuata l’ala sinistra del criptoportico del Tempio della Fortuna, significativo tassello della storia della città di Vitruvio.

Presso il Museo Civico del Palazzo Malatestiano è conservata la statua acefala della dea Fortuna: in pregiato marmo lunense, databile per il delicato trattamento del panneggio del peplo, al I-II secolo dopo Cristo, la statua, reggente la cornucopia, simbolo di abbondanza, proviene probabilmente dal Tempio omonimo. La statua fu ritrovata nel 1946 durante gli scavi del palazzo vescovile distrutto dai bombardamenti del 1944. Nel museo è conservata anche una rappresentazione più recente della dea, eseguita nel 1593 dall’urbinate Donnino Ambrosi: una statua bronzea rappresentante “Fortuna” la cui copia campeggia ancora oggi al centro della fontana in Piazza XX Settembre. 

Ma è nel recentissimo 2021 che è avvenuto il più grande colpo di fortuna: grazie ad alcune campagne di scavo condotte nell’area della ex Filanda Bosone, dove erano già stati ritrovati i resti dell’antico teatro romano, sono state rinvenute probabilmente le tracce attribuibili a quel Tempio della Fortuna che diede il nome e il via alla storia della città! Una scoperta tanto straordinaria quanto inaspettata che costituisce un nuovo significativo tassello della storia della città di Vitruvio.

A testimonianza che spesso la storia e il destino di una città è solo questione di fortuna!

A COLONIA JULIA FANESTRIS

Il culmine della presenza romana a Fano si ebbe durante il periodo Augusteo. Fu allora, che l’imperatore Cesare Ottaviano Augusto dotò l’insediamento di mura di cinta elevandolo allo stato di colonia, Colonia Julia Fanestris che si estendeva su un’area di 18 ettari, pari a due terzi circa dell’attuale centro storico. Nella pianta attuale della città è ancora evidente il decumanus maximus, attuale via Arco d'Augusto, prosecuzione urbana dell’antica via Flaminia, ed il cardo maximus ad esso perpendicolare. Ai due assi stradali principali si affiancano, a distanze regolari, decumani e cardini minori. Con l’elevazione del suo status a colonia, l’abitato finì con l’acquistare le dimensioni e l’importanza di quel centro urbano a cui l’imperatore Augusto murum dedit : fece cioè cingere la città con mura difensive, le stesse ancora parzialmente conservate con i relativi torrioni e con la monumentale porta a tre fornici, il cosiddetto Arco d’Augusto, che dava e dà tuttora accesso alla città.
Fano oggi ha la stessa matrice antica, probabilmente ordinata dallo stesso Vitruvio per abbellirla di monumenti e mura, secondo il disegno generale di riedificazione pubblica voluta da Augusto.
Sicuramente Vitruvio fu a Fano. Sicuramente contribuì all’organizzazione della città. Le mura augustee presentano infatti caratteristiche vitruviane e costituiscono il tratto più lungo di mura tuttora conservate dopo quelle di Roma. Al centro della città fu edificata presumibilmente anche la famosa Basilica Vitruviana, di cui oggi sembrerebbero finalmente emersi i primi resti, così come progettata e descritta dall’architetto nel suo celebre trattato, il De Architectura.

Il legame tra Vitruvio e la città di Fano è ancora oggi in parte avvolto nel mistero e costituisce una affascinante e continua fonte di indagine.
 

VITRUVIO

Sul finire del I sec. a. c., Marco Vitruvio Pollione, celebre architetto romano e probabile civis di Fano, scrive il primo e più antico trattato teorico sull’architettura. Con straordinaria lungimiranza, Vitruvio nel suo De Architectura, definisce i canoni fondativi dell’architettura e il rapporto tra uomo, città e natura, gettando il fondamento teorico dell'architettura occidentale dal Rinascimento fino ad oggi.

Marco Vitruvio Pollione, ovvero Marcus Vitruvius Pollio, fu architetto, ingegnere militare e interessante scrittore romano del I sec. a.C., ma soprattutto il primo e più famoso teorico dell'architettura di tutti i tempi. Già ingegnere bellico sotto Giulio Cesare, grazie ad Ottavia, sorella dell’imperatore Ottaviano Augusto, Vitruvio ricevette numerosi incarichi nella realizzazione di molte opere, ma l'importanza di Vitruvio nella storia è dovuta senza dubbio al suo trattato De Architectura, l’unico trattato teorico sull’architettura giunto integro dall’antichità fino ai nostri giorni.

Scritto presumibilmente tra il 29 e il 23 a.C. ed editato negli anni in cui l’Imperatore Cesare Ottaviano Augusto progettava un rinnovamento generale dell'edilizia pubblica è strutturato in 10 libri e dedicato allo stesso Augusto che gli aveva concesso un vitalizio grazie ad Ottavia, sorella dell’imperatore. È ad Augusto che Vitruvio si rivolge direttamente in ciascuna delle introduzioni preposte ad ogni libro. 

Per secoli la sua opera è stata una insostituibile fonte per l’architettura occidentale; a Vitruvio, infatti, si riconosce la capacità di aver trasformato l’architettura in un nuovo sapere tecnico capace di elevare la tecnica ad una vera e propria scienza. Descrisse anche la famosa teoria delle proporzioni sviluppata poi da Leonardo da Vinci nel celebre “Uomo vitruviano".

Il legame tra Vitruvio e la città di Fano è un legame profondo e indissolubile. 

Vitruvio è colui che ha contribuito a definire l’assetto originario della città, colui che nel quinto libro del suo De Architectura descrive l'unica opera che lui stesso si attribuisce, la Basilica di Fano; colui che con i suoi princìpi ha ispirato i più grandi architetti del Rinascimento e ancora ispira gli architetti contemporanei. Primus inter pares, il celebre architetto romano è indubbiamente colui che più di tutti ha lasciato una traccia indelebile nella storia e nell’anima di questa città.

 

DE ARCHITECTURA

"L'Architettura è una scienza, ch'è adornata da più dottrine, e da varie erudizioni, col sentimento delle quali giudica di tutte quelle opere, che sono perfezionate dalle arti rimanenti. Ella nasce dall'esperienza non meno che dal raziocinio. L'esperienza è una continua, e consumata riflessione sull'uso, la quale sì perfeziona coll'operare sulla materia di qualunque genere, necessaria e giusta per l'idea del disegno.”

Il trattato De Architectura di Vitruvio, scritto tra il 30 ed il 20 a.C., è uno dei più importanti e influenti testi sull'architettura mai scritti e l’unica trattazione teorico-pratica che sia giunta dall' antichità greco-romana fino a noi. 
Vitruvio, architetto e ingegnere romano vissuto nel I secolo a.C., scrisse questo trattato come un compendio di conoscenze sulla costruzione di edifici e sulla progettazione urbana anticipando con straordinaria visionarietà idee e principi considerati ancora attuali e rilevanti nell'architettura contemporanea. L'opera, scritta in latino e dedicata all’Imperatore Cesare Augusto che progettava all’epoca un rinnovamento generale dell'edilizia pubblica, è divisa in dieci libri e rappresenta una vera e propria enciclopedia delle conoscenze dell'epoca sulla materia oltre a offrire un'ampia panoramica della teoria e della pratica dell'architettura e dell'ingegneria nel mondo romano antico e una vasta gamma di informazioni e conoscenze riguardanti l'architettura, l'urbanistica, l'ingegneria e l'arte in generale. In essa l’autore affronta questioni che vanno dalla formazione e le qualità necessarie dell'architetto, alla progettazione di edifici pubblici, residenziali, agricoli e militari. Nel trattato Vitruvio eleva inoltre l'architettura a titolo di scienza, poiché capace di contenere in sé tutte le altre forme di conoscenza. Con straordinaria lungimiranza Vitruvio intuisce ante litteram che il ruolo dell’architetto non è solo quello di progettare e costruire edifici, ma anche e soprattutto quello di comprendere e applicare la scienza e l'arte dell'architettura in modo completo, garantendo oltre all’estetica, la funzionalità e il rispetto dell’ambiente. Per questo motivo l’architetto, secondo Vitruvio, dovrebbe essere una figura poliedrica, conoscere a fondo ogni aspetto del processo di progettazione e costruzione ed esperta in diverse discipline, tra cui la matematica, la geometria, la fisica, l’ingegneria, la filosofia, la letteratura e persino la musica.
Nel terzo libro Vitruvio enuncia inoltre la famosa teoria delle proporzioni che sarà successivamente ripresa e sviluppata da Leonardo da Vinci nel suo celebre “Uomo vitruviano”. La bellezza, secondo Vitruvio, è data dall’armonia, dall’ordine e dalla proporzione tra le parti.

«Tutte queste costruzioni devono avere requisiti di solidità, utilità e bellezza. Avranno solidità quando le fondamenta, costruite con materiali scelti con cura e senza avarizia, poggeranno profondamente e saldamente sul terreno sottostante; utilità, quando la distribuzione dello spazio interno di ciascun edificio di qualsiasi genere sarà corretta e pratica all'uso; bellezza, infine quando l'aspetto dell'opera sarà piacevole per l'armoniosa proporzione delle parti che si ottiene con l'avveduto calcolo delle simmetrie.»

Da questo passo vitruviano tratto dal libro primo, nel XVII secolo fu tratta, da dall’architetto Claude Perrault, una famosa semplificazione del trattato in un'incisiva e fortunata formula, la famosa triade vitruviana, per cui l'architettura deve soddisfare tre categorie:

  • firmitas (solidità)
  • utilitas (funzione, destinazione d'uso);
  • venustas (bellezza).

Nonostante sia stato trasmesso senza illustrazioni e le numerosissime edizioni illustrate che si sono susseguite nei secoli siano altrettante interpretazioni storiche del testo, il De Architectura di Vitruvio, rimasto in ombra per tutto il medioevo e riscoperto a partire dal XV sec. grazie ad architetti e umanisti come, tra gli altri, Lorenzo Ghiberti e Leon Battista Alberti, è stato e continua ad essere uno dei principali fondamenti teorici dell'architettura occidentale, fonte di ispirazione nella progettazione e nella costruzione degli edifici contemporanei ed elemento di riferimento per quasi tutti i trattati di architettura europei da più di un millennio.

LA MODERNITA’ DI VITRUVIO

Da Bramante a Raffaello, da Francesco di Giorgio Martini a Leonardo, da Palladio a Le Corbusier, il De Architectura di Vitruvio, l’unico trattato di architettura antica giunto sino a noi, da più di 2000 anni continua a ispirare i più grandi maestri dell’arte e dell’architettura. 

Nonostante il trattato "De Architectura" sia stato scritto nel I secolo a.C., alcuni passaggi del testo di Vitruvio sono di una straordinaria modernità e molte delle sue idee e dei principi in esso contenuti, sono ancora considerati attuali e rilevanti nell'architettura contemporanea. Il celebre trattato, oltre a costituire una delle fonti principali sui metodi costruttivi degli antichi romani ed essere l’unica trattazione teorica sull’architettura giunta integra fino a noi, anticipa temi che rappresentano ancora oggi una fonte di ispirazione di straordinaria attualità. La modernità del trattato "De Architectura" di Vitruvio risiede nel suo approccio razionale, basato sulla conoscenza scientifica e tecnologica dell'epoca e sulla sua attenzione alle esigenze degli utenti e alla sostenibilità, aspetti che sono ancora attuali e rilevanti per l'architettura contemporanea.
Nel trattato viene sottolineata l'importanza di adattare i progetti agli scopi specifici dell'edificio e alla sua funzionalità, anticipando l'approccio moderno alla progettazione basata sulle esigenze degli utenti. Inoltre, il trattato ha dato grande importanza alle proporzioni, alla simmetria e alla bellezza degli edifici, aspetti ancora fondamentali nell'architettura contemporanea. Vitruvio ha inoltre sottolineato l'importanza della sostenibilità e dell'efficienza energetica nell'edilizia, ponendo l'accento sull'uso di materiali locali e sulla progettazione di edifici che sfruttino al meglio la luce solare e le risorse naturali.

L’idea che l'architettura debba essere funzionale e integrarsi adeguatamente all'ambiente circostante è ancora, anzi oggi sempre di più, uno dei principi fondamentali dell'architettura moderna, così come la concezione dell'architetto come una figura che deve avere una conoscenza approfondita di diverse discipline, è ancora presente nella formazione degli architetti moderni. 

Infine, il concetto di sostenibilità ambientale e di responsabilità sociale dell'architetto, che è diventato sempre più importante nell'architettura moderna, è stato anticipato dallo stesso Vitruvio, quando afferma che l'architetto dovrebbe considerare l'impatto del suo lavoro sull'ambiente circostante e sulla comunità.

IL GIURAMENTO DI VITRUVIO 

Riprendendo la proposta lanciata da Salvatore Settis nel 2014 sulle pagine de Il Sole 24ore, il Centro Studi Vitruviani di Fano ha preso l’iniziativa di redigere in collaborazione con il dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, il “Giuramento di Vitruvio”. “Come i medici con Ippocrate gli architetti dovrebbero legare etica e conoscenza impegnandosi a realizzare sempre edifici di qualità, evitando scempi ambientali” 

Vitruvio è di una straordinaria attualità. I tre pilastri su cui poggiano i suoi principi professionali, utilitas, firmitas e venustas, dovrebbero anche oggi essere alla base di ogni progettazione urbanistica e architettonica, così come le norme etiche, il rigore e l’onestà, elementi su cui spesso si sofferma nel suo trattato”.

Sulla scia di questo principio ispiratore, il Centro Studi Vitruviani di Fano insieme al Dipartimento di Architettura dell’Università di Ferrara, ha predisposto la stesura e la formalizzazione del “Giuramento di Vitruvio” per l’ordine degli Architetti; un giuramento che, al pari del Giuramento di Ippocrate per l’Ordine dei Medici, delinea le responsabilità etiche della figura dell’architetto nei confronti dell’ambiente e della comunità. Il testo cita testualmente:

Consapevole dell’importanza e della solennità dell’atto che compio e dell’impegno che assumo, giuro:

1) di custodire ed accrescere la conoscenza in diversi campi, umanistici, di scienze ed arte, per operare a favore della società e dell’ambiente

2) di essere generoso, leale e moralmente integro, verso il committente e verso il paesaggio naturale ed urbano, concreta espressione del corpo sociale

3) di avere una visione lungimirante nell’agire sul patrimonio culturale e naturalistico, per garantire il bene comune, tutelando il futuro dei giovani e delle comunità 

4) di cercare l’armonia con la natura nella qualità dell’architettura, attraverso lo studio della sua forma del linguaggio e dei materiali. Per donare qualità di vita attraverso i nuovi interventi sul paesaggio e sul costruito

5) di essere responsabile, nei confronti della viva memoria del nostro passato, lievito per il presente e fonte di riferimenti da conservare ed innovare per costruire il futuro

 

LA BASILICA DI FANO TRA MITO E REALTA’

Esistono tuttavia basiliche

che per dignità e bellezza reggono bene il confronto,

come quella della colonia Giulia di Fano

che io stesso ho progettato e di cui ho seguito i lavori.

(Vitr. V, 1, 6)

Il mistero dei nuovi ritrovamenti archeologici avvenuti recentemente nel centro storico di Fano, ha riaperto una questione mai sopita: i resti emersi potrebbero finalmente essere quelli della famosa Basilica di Fano che Vitruvio cita nel suo De Architectura. Una ricerca che dura da oltre 500 anni e che potrebbe aver riportato alla luce uno degli edifici più famosi dell’antichità. 

Nel capitolo V del "De Architectura" il celebre architetto romano Marco Vitruvio Pollione descrive una Basilica che egli dice di aver costruito negli anni ’20 del I secolo a.C.nella città di Fano, colonia romana Julia Fanestris che godette di grande splendore in epoca imperiale. La descrizione analitica della Basilica di Fano occupa ben cinque paragrafi del trattato sull’architettura con una descrizione alquanto dettagliata di forme, proporzioni e simmetrie. Si tratta dell’unico edificio del quale Vitruvio afferma aver curato la costruzione e a cui attribuisce valori di grande dignità e bellezza (summam dignitatem et venustatem). La Basilica di Fano presenta infatti alcune particolarità che la rendono edificio di straordinaria importanza. Da un punto di vista tipologico costituisce un'anomalia nell'ambito della costruzione di edifici basilicali di epoca romana. Presenta infatti la facciata principale sul lato lungo, direttamente sul foro. La basilica presenta inoltre il cosiddetto "ordine gigante", vale a dire una unica colonna che da terra si eleva fino a sorreggere le capriate di coperture coprendo tutti e due i piani della basilica. Infine, Vitruvio dispone nella zona absidata, solitamente destinata ad ospitare il tribunale, anche un edificio per il culto di Augusto, contribuendo così a creare un "unicum" tipologico che fa della Basilica di Fano uno degli edifici più importanti dell'epoca e, può a ragione dirsi, di tutta la storia dell'architettura.
Nel 1840, alcuni scavi archeologici nella zona "presunta" del foro romano portarono alla luce consistenti resti e materiali la cui provenienza fu pressoché immediatamente individuata proprio nella Basilica di Vitruvio. Nel corso dei secoli, numerosi studi sono stati compiuti sui resti e sui testi vitruviani proprio per stabilire con certezza una attribuzione che col passare degli anni, soprattutto in relazione ad alcune discordanze tra il testo vitruviano e l'orientamento dei resti rinvenuti, si è fatta più incerta. Sono stati inoltre effettuati numerosi rilievi dei resti e anche numerose ricostruzioni grafiche di grande interesse della Basilica di Vitruvio di Fano proprio partendo dagli stessi resti e dal testo di Vitruvio. La recente scoperta (marzo 2023) di resti di un importante edificio pubblico di epoca romana ricco di marmi pregiati, nell'area in cui, secondo alcuni, sarebbe localizzata la celebre Basilica, fa ben sperare studiosi ed archeologi di tutto il mondo! 
Al di là della Basilica di pietra, resta la basilica della memoria letteraria, bellissima e intoccabile, proprio quella che ha spinto numerosi studiosi, tra cui Andrea Palladio, a raccontarla in ipotetiche ricostruzioni. Essa ha inoltre costituito, per lo stesso Palladio come per altri grandi architetti, stimolante laboratorio di studio di modelli e forme progettuali che potessero mutuare dall’antico i nuovi linguaggi rinascimentali e classici che hanno segnato lo splendore e la diffusione della cultura architettonica occidentale.
Ancora oggi il disegno e l’interpretazione della fabbrica fanese costituiscono elementi di rilevante e straordinario interesse nell’ambito degli studi vitruviani e della redazione degli apparati grafici che continuano ad esplorare il pensiero e l’insegnamento vitruviano.

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