Arte e cultura

Chiunque visiti Fano per la prima volta non può fare a meno di notare le sue antiche origini, grazie ai tanti reperti risalenti all’epoca romana sparsi per tutta la città.

Dall’Arco d’Augusto, uno dei più importanti edifici storici di tutte le Marche, passando per i resti delle mura, ancora intatte per lunghi tratti, fino al reticolato delle vie del Centro, e ai ritrovamenti di vario genere esposti in diverse parti della città, Fano è la meta ideale per gli appassionati di storia e di reperti antichi.

Le sue origini romane sono indubbiamente una delle leve che attrae maggiormente i turisti, non solo per il loro inestimabile valore storico, ma anche per un incontestabile valore estetico che attribuisce alla città un fascino di altri tempi.

Una storia che parte da lontano, con testimonianze illustri e di prestigio.

 

Le origini romane di Fano

La prima testimonianza scritta della città di Fano, anticamente denominata Fanum Fortunae, risale al 49 a.C, quando Cesare vi insediò una Coorte. L’antico nome deriva dal Tempio ivi costruito dedicato alla Dea della Fortuna che, con ogni probabilità, fu eretto dopo la vittoria della celebre Battaglia del Metauro in cui i Romani sconfissero Asdrubale nel 207 a.C.

La fortuna di quello che inizialmente era solo un piccolo centro di snodo, fu proprio la sua centralità nella via che univa Roma alla Gallia Cispadana, l’attuale Emilia Romagna.

Sotto l’Impero di Cesare Ottaviano Augusto, Fano si sviluppa ulteriormente assumendo lo stato di colonia romana: Colonia Iulia Fanestris. Risale proprio a questo periodo la costruzione della cinta muraria visibile ancora oggi.

La città rimase poi sotto l’Antico Impero Romano fino alla sua caduta. Di quell’epoca la città mantiene tantissimi monumenti, testimonianze di un antico passato.

 

I più bei monumenti di epoca romana

Per ammirare le bellezze dei reperti storici dell’epoca romana basterà passeggiare per le vie del Centro Storico dove, a poche centinaia di metri di distanza l’uno dall’altro, è possibile imbattersi nei seguenti luoghi d’interesse, di cui abbiamo parlato in modo più approfondito nell’articolo dedicato ai luoghi da visitare a Fano:

  • Pincio e Arco D’Augusto
  • Mura Augustee
  • Porta della Mandria
  • Chiesa di San Michele
  • Fano Sotterranea

Passeggiando per le vie della città risulta evidente che sia stata progettata secondo i canoni dei programmi edilizi dell’epoca Augustea, con una struttura delle vie tipica delle urbe romane, con tanto di teatri e anfiteatri. Anche il sistema fognario e quello di approvvigionamento idrico della città dell’epoca sono tuttora ben conservati.

 

Fano Città di Vitruvio

Marco Vitruvio Pollone, autore del celeberrimo De Architectura, è considerato il più importante teorico dell’architettura della storia. La sua opera è stata uno dei pilastri su cui si è basata quest’arte fino alla fine del XIX secolo.

Sebbene il suo trattato e la sua figura siano a tutti gli effetti l’asse portante delle scienze architettoniche, Vitruvio riconobbe di aver progettato solamente un unico edificio in tutta la sua vita: la Basilica di Fano.

La sua ubicazione esatta resta ancora incerta, ma il teorico romano la cita espressamente nella sua opera, precisamente nel quinto dei dieci volumi di cui si compone il trattato, parlando del suo diretto coinvolgimento nella costruzione e nella progettazione di questo luogo di culto.

Sebbene non si abbiano né immagini né, ad oggi, resti che si possano attribuire con certezza alla sua costruzione, grazie alla descrizione dell’edificio presente nel De Architectura è stato possibile ricostruirne alcune caratteristiche.

La Basilica sorse con ogni probabilità sul Foro della città, con la facciata principale sul lato lungo ed un’area al suo interno dedicata al culto di Augusto, l’aedes augusti. Le rilevazioni storiche fatte fino ad oggi, ipotizzano una sua distruzione intorno al 635 per mano dei Goti.

La testimonianza di questa costruzione è senza ombra di dubbio simbolo dell’importanza della città nell’Impero dell’epoca ed attribuisce un ulteriore prestigio alla storia di Fano, essendo unico luogo in cui si ha la certezza che Vitruvio abbia costruito un edificio da lui progettato.

 

Come visitare queste attrazioni

Per quanto riguarda la Basilica Vitruviana, dall’entrata dell’attuale Chiesa di Sant’Agostino è possibile accedere all’area archeologica con quelli che si suppone siano i resti dell’edificio.

Il Pincio, l’Arco d’Augusto, le Mura e la Porta della Mandria sono su suolo pubblico e quindi sempre visitabili.

Per informazioni rivolgiti al numero Call & Go +39 366 3426985 attivo dalle 9 alle 23.00.

Immagine anteprima
Image
Fano romana
Tipologia News

Siete pronti per scoprire un luogo poco conosciuto, ma ricco e pulsante di storia, tradizione e di vita a Fano? Oggi vi portiamo alla scoperta della parte più autentica della zona porto della città, più precisamente di El Gugul: il luogo simbolo dei pescatori fanesi!

Il porto di Fano: una tradizione che ha radici profonde

La storia del porto affonda le sue radici già in epoca romana ed è da sempre stato il cuore e il centro pulsante della Fano marinara, il destino e la storia di questa zona sono stati segnati nel tempo dal mare e dal suo porto – canale. La zona purtolota (del porto) è sempre stata autonoma e indipendente dal resto della città già da quanto, nel tardo settecento, i pescatori si trasferirono dal centro ad abitare le due rive del porto, dove nacque un quartiere extra muros che aveva tradizioni originali e un dialetto tipico caratterizzato anche dagli influssi esterni, per la frequentazione di altri porti dell’Adriatico. La comunità dei pescatori fanesi, chiamati i purtulòt, abitava rispettivamente nelle due file di casette ai lati del porto canale, una detta soravent (sopravento) e l’altra sott’vent (sottovento), non immuni a liti e a gare tra loro. Si trattava di una comunità orgogliosa, ma anche isolata e rissosa, profondamente cambiata nel tempo sia per abitudini, che costumi e modi di lavorare.

 

Il lavoro della pesca a Fano

Il lavoro della pesca è stato sempre il propulsore di questa zona della città e una volta era soprattutto artigianale e famigliare. Tutta la famiglia, solitamente molto numerosa, era marinara e impegnata in questa attività a diverso titolo:

  • gli uomini salpavano per il mare;
  • le donne si dedicavano a cucire le reti e le vele;
  • i vecchi, invece, trasportavano il pescato che doveva essere venduto.

Di solito i marinai stavano in mare per 14 – 15 giorni, mangiando quello che pescavano che veniva cotto arrosto, lessato o in brodetto, da qui l’origine della ricetta tipica della tradizione gastronomica fanese.

Ogni marinaio era conosciuto con il suo soprannome, era infatti quasi impossibile rintracciare qualcuno con il suo vero nome, quelli più diffusi erano: Arturo del Blin, Gibìn, Furtuna, Fagiòl, Ruscìn…

L’attività di pesca si concentrava soprattutto nella stagione invernale, mentre in quella estiva le imbarcazioni trasportavano la ghiaia da Fano a Ravenna, Porto Garibaldi e Cesenatico.

Durante il tempo libero, quando non erano in mare, gli uomini stavano all’osteria a giocare a carte, i più piccoli invece animavano con i loro giochi la strada e le donne, alle prese con i lavori domestici, si ritrovavano a parlare sedute sull’uscio delle porte.

Oggi le cose sono cambiate, i pescherecci che praticano la pesca di foravìa (al largo) rimangono in mare solo 4 giorni, mentre le volanti partono alle prima ore del mattino e tornano alla sera.

 

El gugul: la storia che sopravvive

Nella memoria lontana legata alla pesca e al porto è rimasto vivo il ricordo di El Gugul (o cogollo), una rete-trappola che dà il nome alla piccola zona del porto che ora scopriremo insieme.

Il cogollo (gugullo) era, quindi, una rete a forma di imbuto che terminava in una sacca senza uscita, che sbarrava le acqua basse presso la riva obbligando i pesci a entrare in una serie di camere di reti successive.

Nei mesi di novembre – dicembre erano utilizzate per la pesca delle anguille, che venivano depositate vive nei burchi, una specie di imbarcazione con i fianchi forati immerse nelle acque, in attesa di essere vendute a Natale. Questo tipo di rete si poteva trovare al Lido, ma anche davanti alle foci dell’Arzilla e del Metauro.

La zona di El Gugul si trova in Via Vincenzo Franceschini, in una strada più nascosta rispetto alla passeggiata e alla vitalità del Lido e prende questo nome dalla sua forma che, come la rete, è a forma di imbuto. Oggi, le piccole case dei pescatori sono state restaurate e la via si caratterizza per un esplosione di vivaci colori e di decorazioni con immagini e oggetti legati alla storia e alla tradizione marinara che ricoprono le facciate delle abitazioni. Passeggiando per questa via potete anche imbattervi in nomi particolari: sono i nomi delle vecchie imbarcazioni.

Ma quello che si respira in questo luogo è la sensazione di convivialità e comunità che la caratterizzava. Alcuni residenti ci raccontano infatti che era molto usuale fare, tra le famiglie, delle lunghe tavolate dove si mangiava la rustita (un piatto tipico della gastronomia fanese che viene preparato con il pesce cotto arrosto impanato nella mollica del pane) fatta con il pescato giornaliero, in un clima gioviale e allegro. Il ricordo prosegue con tante storie di “gioiose diatribe” tra i vari pescatori caratterizzate sempre da uno spirito divertito. Tra queste vogliamo raccontarvene una: quella dell’asso di bastoni.

“ Il pescatore Andreano aveva la vela del suo peschereccio decorata con un asso di bastoni, simbolo di virilità, mascolinità e forza, in risposta a questo “affronto” Mario che non si sentiva di certo da meno, si fece cucire nella sua vela ben tre assi di bastoni, in una gara a colpi di vento per chi era il più forte. Per ribadire ancora di più questo concetto anche nelle entrare delle case dei due pescatori vi erano dipinti l’asso o i tre assi di bastoni. Perchè se in mare o a terra era importante ricordare chi era il più forte!”

Il senso di comunità e di reciproco aiuto erano le sensazioni che si respiravano a ElGugul, una zona dove tutti si conoscevano, anche se le cose oggi sono cambiate i residenti del luogo mantengono viva questa percezione restituendoci una via di Fano autentica, unica e colorata.

Sapete che l’influenza del Gugul è così forte che a Fano esiste anche un modo di dire? “So’ fnit in un gugul” per indicare di essere finiti in una via di difficile uscita.

Se volete conoscere una parte di Fano unica vi consigliamo proprio di visitare El Gugul, durante le vostre passeggiate sul lungomare e non prima di esservi gustati una deliziosa Moretta, che fra l’altro è la bevanda dei pescatori!

 

Informazioni

Info utili:

Itinerario “mare e porto” di Fano

 

Bibliografia e sitografia

Gabrile Ghiandoli, “Fano d’Antan”: una città tra il poetico e il becero

La valle del Metauro

 

Immagine di copertina: El Gugul di Ramona Neri

Immagine anteprima
Image
El gugul
Tipologia News

A pochi km dal centro storico di Fano, sulle prime colline che corrono verso l’entroterra, sorge in un oasi di pace e silenzio l’Eremo di Monte Giove. Costruito nella sommità più alta del colle omonimo, a 223 metri sopra il livello del mare, la sensazione di serenità e bellezza che qui si respira è rafforzata dalla sua posizione unica e il panorama mozzafiato a 360° che, dalla fascia costiera risale la Valle del Metauro fin verso la catena appenninica dominata dal Monte Catria. Anche se non si hanno notizie certe, si narra che questo posto fosse dedicato al culto del dio Giove.

Alla scoperta dell’Eremo di Monte Giove

L’Eremo di Monte Giove si raggiunge salendo un breve viale al cui termine, attraverso un portone, si entra nel luminoso percorso che conduce alla chiesa settecentesca. Una volta entrati il silenzio ci rapirà e ci accompagnerà per tutto il percorso di visita.

La storia dell’Eremo inizia nel 1608 quando, sul terreno donato nel 1523 dal nobile fanese Galeazzo Gabrielli, inizia la costruzione del complesso ad opera della Congregazione degli Eremiti Camaldolesi di Monte Corona. Prende via così la vita monastico – eremitica in questo luogo, secondo il ritmo di preghiera, lavoro, studio, silenzio e solitudine, che da allora scandisce la vita nel monastero. La struttura dell’Eremo rispecchia da sempre i principi della regola dell’ordine: ogni monaco ha una cella con uno spazio necessario per la preghiera, lo studio, il riposo e un piccolo giardino.

Oggi vivono qui tre monaci appartenenti alla Congregazione Camaldolese dell’Ordine di San Benedetto che, con passione, si occupano della gestione e del mantenimento della struttura, dedicandosi in particolare alla cura dell’ospitalità e dell’antica farmacia.

 

La chiesa di San Salvatore

In fondo al viale di accesso principale si trova la Chiesa di San Salvatore eretta a partire dal 1741 su progetto dell’architetto Giovan Francesco Buonamici. La chiesa attuale fu costruita su una preesistenza eretta nel 1631 che si trovava in una posizione diversa. In quel periodo l’Eremo di Monte Giove visse un periodo di grande splendore, tant’è che il 23 maggio 1657 la regina Maria Cristina Alessandra di Svezia visitò il luogo fermandosi tutto il giorno e pranzando insieme ai monaci.

La chiesa settecentesca è uno spazio ottagonale slanciato e luminoso, tra le opere è da segnalare la Trasfigurazione del pittore pesarese Gian Andrea Lazzarini sopra il coro. Proseguendo, sulla parte destra della chiesa si trova l’aula del Capitolato, il luogo in cui i monaci si riuniscono per leggere ogni giorno un capitolo della regola di San Benedetto e dove si trova la nicchia in cui viene allestito tutti gli anni il presepe. Scendendo si raggiunge la cripta, il luogodove trovano sepoltura i monaci che hanno vissuto nell’Eremo. Non è un caso che la cripta sia vicino all’aula del capitolato in questo modo l’anima dei monaci defunti partecipa alla funzione. Infine, l’ultima stanza è la Sacrestia,dove è ancora possibile trovare gli arredi originali del Settecento, tra tutti i più curiosi sono i cassetti nascosti: dei cassettoni molto lunghi studiati per conservare gli abiti dei monaci ed essere appunto nascosti nell’arredo ligneo settecentesco.

 

La Biblioteca

Lo studio è un’attività fondamentale nella vita monastica e la biblioteca dell’Eremo di Monte Giove è davvero importante. Si tratta di una sala adibita ad emeroteca, una grande sala di consultazione e di studio e, a questa attigua, una sala con arredi lignei ottocenteschi che ospita la parte antica del fondo librario con circa 1000 volumi a stampa dal XVI al XIX.

Durante la seconda guerra mondiale l’Eremo accolse, oltre agli sfollati, anche i preziosi Codici Malatestiani e i libri più preziosi conservati alla Biblioteca Federiciana di Fano.

Questi sono gli orari di apertura della biblioteca:

Sabato 9.00-12.00 su appuntamento

 

La farmacia

Un altro fiore all’occhiello della struttura è la farmacia. Lo studio delle erbe, la loro coltivazione e, contestualmente, la preparazione di medicamenti, sono sempre state tra le attività principali dei monasteri dei camaldolesi. Nella piccola, ma molto fornita, farmacia dell’Eremo è possibile acquistare creme e cosmesi naturali, erbe officinali, olii, prodotti alimentari e libri sulla fede e sulla spiritualità.

Orari di apertura della farmacia:

Dal Giovedì alla Domenica
Giovedì – Sabato: 10.00 – 11.45 | 15.00 – 18.00
Domenica: 11.00 – 12.20 | 15.00 – 18.00

 

Informazioni e contatti

Orari di ingresso all’eremo:

7.30-12.20 / 15.00-19.00
Lunedì chiuso.

0721.864090

info@eremomontegiove.it

Strada Comunale di Monte Giove 90,
61032 Fano (PU)

Sito web dell’Eremo di Monte Giove

 

Immagine di copertina: Massimo Radi

Immagine anteprima
Image
montegiove