Con Enrico Capodaglio, scrittore e critico letterario
Roberto Galletto, pianoforte
Eugenio Montale disse in un’intervista che credeva la sua poesia fosse la più musicale dei suoi tempi. Da ragazzo pensava di fare il cantante lirico e nel corso di tutta la sua vita fu un ascoltatore e un intendente di musica, tanto da diventare il critico musicale del Corriere della sera. In pochi conoscono come lui il melodramma, i personaggi del quale compaiono spesso nei suoi versi. Fin dal tempo degli Ossi di seppia (1925) conobbe i preludi di Debussy che lo ispirarono in modo espresso.
La poesia nutre in sé la propria musica, che si esprime e si percepisce in modo intimo, in un ascolto interiore, con un senso di certo meno ineffabile di quella che cattura l’immaginazione dall’orecchio, ma tale da imprimere anch’essa un fascino indefinito anche ai versi dalla semantica più chiara.
Dagli Ossi di seppia a Satura, le opere alle quali si farà riferimento, un pensiero ricco e profondo si esprime, e forse si sviluppa (o si inviluppa) nelle sue opere, ma senza poter dimenticare mai che, pur nell’intensità filosofica, è pur sempre di poesia che si tratta, in pensiero musicale che, mentre sovente vela e nasconde il senso, in ombre enigmatiche, nella sua pittura sillabica, proprio così lo arricchisce.
In Debussy si manifesta invece un mistero in piena luce, come ne scrive il filosofo pianista Vladimir Jankélévitch: un mistero sensoriale della superficie. La stesa cura del mistero si ritrova in Montale, nella condivisione affettiva con i vivi e i morti, che ne partecipano con noi.
Durante l’incontro il maestro Roberto Galletto eseguirà al pianoforte le composizioni di Claude Debussy:
“La fille aux cheveux de lin”
“Doctor Gradus ad Parnassum”
“The little shepherd”
“Arabesque”
“Les collines d’Anacapri”
“Feux d’artefice”
